I profondi mutamenti sociologici degli ultimi decenni hanno coinvolto e, per certi versi, travolto l’assetto delle principali agenzie educative: famiglia e scuola. Le famiglie hanno risentito di tutta una serie di alterazioni non sempre fisiologiche, conseguenza di fatti e accadimenti storico-politici, di crisi economiche ricorrenti, di uno sconvolgimento dei ruoli tradizionali, della globalizzazione, di stili di vita impensabili fino a qualche giorno addietro. La crisi del modello familiare riverbera in modo preoccupante sulla scuola, con la conseguenza che il compito del docente risulta sempre più faticoso laddove va a confrontarsi con un’umanità dolente per carenze psico-affettive. Come responsabile dell’educazione, della formazione e dell’istruzione di tanti giovani, ogni anno mi accingo alle operazione dello scrutinio finale momento di un’estrema delicatezza, con l’ attenzione totalmente concentrata nel perseguire i risultati più giusti ed equilibrati per gli oltre milletrecento allievi: quale senso potremmo dare alla nostra vita e al nostro lavoro se il nostro intento non fosse, istante per istante, teso al bene? dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi – 21 ottobre 2001- si legge: “attingendo alla parola di Dio ed alla testimonianza dei Santi, i beati Sposi hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario. Tra le gioie e le preoccupazioni di una famiglia normale, hanno saputo realizzare un’esistenza straordinariamente ricca di spiritualità. In questo assunto si trova il senso dello spirito di servizio in quella tensione alla realizzazione, nel quotidiano, di un’ordinaria straordinarietà.
La Candidata agli onori degli Altari: Enrichetta Beltrame Quattrocchi fu l’unica lavoro e ai genitori, a differenza di Filippo (don Tarcisio), di Stefania (suor Maria Cecilia) e di Cesare (don Paolino), che mani- festarono assai presto le loro vocazioni religiose. Laureatasi in Lettere Moderne e specializzatasi in Storia dell’Arte, insegnò nei licei e fu, inoltre, Soprintendente all’Istituto nazionale di grafica oltre a dedicarsi costantemente al volontariato, tra l’altro nella Croce Rossa, durante la II Guerra Mondiale, prodigandosi per i perseguitati politici, per i rifugiati, e impegnandosi, lungo l’arco dell’intera vita, in favore dei più deboli, realizzando pienamente, così, l’ordinaria straordinarietà. Dalle testimonianze emerge con chiarezza il profilo di una donna, e di una professoressa, di notevole cultura e dalle connotazioni caratteriali fuori dal comune che ha avuto la capacità di spendere, con grandissima coerenza, l’intera vita nell’incessante esercizio di un apostolato da Lei inteso come espressione esistenziale piena e totalizzante. La stragrande maggioranza dei nostri giovani è irresistibilmente attratta da modelli comportamentali dalla desolante banalità, figure come quelle dei beati coniugi Beltrame Quattrocchi e la testimonianza di vita, laica e santa, Speranza e Carità capaci di cambiare il mondo.
Prof.ssa Amelia La Rocca
Dirigente scolastico Liceo Albertini Presidente Fondazione “Amelia e Concetta Grassi”
Una donna che sa salire… e fa salire
“Sii una particella di Eucaristia che si dona come Gesù si dona a noi senza riserve nasconditi per farlo conoscere”. Estratte da una bellissima lettera che la Beata Maria scrisse alla figlia Enrichetta. Queste parole oltre a darci la misura della densità spirituale di casa Beltrame, ci fanno comprendere fino a che punto un’educazione orientata al “soprannaturale”, dove la perfezione si declina con l’umanità, possa produrre frutti di santità nelle mura domestiche. Enrichetta è il frutto e il dono di due sposi che sono stati capaci di testimoniare la bellezza di una famiglia “possibile”, la bellezza e la gioia di una vita insieme, dove si impara a relazionarsi e accettarsi non come individui ma persone, tra cui è possibile tessere relazioni autentiche, terreno necessario per edificare personalità forti, capaci di vivere una libertà che ha sempre bisogno di essere liberata attraverso l’amore oblativo, vissuto in funzione dell’altro. Riferendosi al modello educativo della sua mamma, Enrichetta insisteva sulla necessità di incoraggiare la forma- zione alla fede da subito: “il principio basilare della mamma presto il bambino con la presenza di Gesù. Ci sono poi le idee portanti, come la sobrietà, lo spirito di sacrificio, l’educazione del cuore e la formazione della volontà. Il cuore del bambino va educato. Anche il bambino molto piccolo deve sapere che è bello rinunziare a qualche cosa. Educare significa portare frutti in quello che c’è di bello e di più elevato”. Una tale testimonianza si fa portavoce di uno stile che può smentire l’epidemia di sfiducia e di scetticismo nei riguardi del matrimonio ricordando che come nella sua famiglia, anche nelle nostre famiglie “tutto può avvenire nella giusta misura nell’ armonia, ecco questo è il termine che ha dominato nella nostra famiglia: l’armonia. Tra loro, i miei genitori avranno avuto degli screzi, Armonia e dialogo, termini che auspichiamo possano ritornare ad avere diritto di cittadinanza in ogni famiglia, quale terreno fertile dove far crescere e coltivare la bellezza e la grandezza della vita umana. Un’ opera questa in cui sono chiamate in primo luogo le donne, con il loro genio femminile con quella capacità tipica di intuire e leggere negli avvenimenti quell’oltre che aiuta a trascendere e ridimensionare gli inevitabili conflitti che possono nascere nella quotidianità della famiglia Della società e della Chiesa. Coloro che hanno conosciuto Enrichetta possono testimoniare che ella ha perfettamente corrisposto alla grazia straordinaria di nascere in una famiglia in cui “Dio è sempre a capotavola nella famiglia” divenendo – per usa- re un’espressione di don Sabino Palumbieri – “una donna che sa salire. E fa salire”. Una donna dalla vita intensa, piena di interessi e passioni, di curiosità, mai paga di cercare, di approfondire il bene e il bello che lo scorrere dei giorni ci regala. Mai ripiegata su se stessa o bisognosa di visibilità, dotata di personalità forte, decisa e al tempo stesso capace di commuoversi, di intenerirsi davanti al limite e alla miseria dell’uomo. Stupiva sempre per il suo amore alla vita, per la sua capacità di creare amicizia, per la sua giovinezza interiore, l’entusiasmo e l’energia che sembrava non conoscere stanchezza nonostante i suoi 98 anni passati con quel telefono che squillava in continuazione e al quale non ha rinunciato neppure nelle sue ultime settimane.