Un "vaccino" da Enrichetta
In una temperie del tutto particolare, ancora fortemente segnata dall’epidemia di , le chiese, dopo una chiusura di mesi, hanno timidamente riaperto le porte ai fedeli. Così anche la Basilica romana di Santa Prassede in Roma dove, il 16 giugno 2020, con una Santa Messa è stato ricordato l’ottavo anniversario del transito della Serva di Dio Enrichetta Beltrame Quattrocchi. La celebrazione è stata molto toccante, erano presenti dieci sacerdoti che hanno concelebrato e hanno partecipato alla funzione diversi amici e conoscenti della Serva di Dio Enrichetta. Proprio in questo momento storico, in cui vediamo ogni essere umano isolarsi e costruirsi una maschera, un baluardo di difesa da contatti e contagi, quasi una metafora del vivere odierno, sempre più improntato ad un “virale” solipsismo, spicca ancor più, per contrasto, la figura della cara Enrichetta: una donna che sapeva “costruire ponti tra culture”, secondo una felicissima definizione della Rev.ma M. Anna Maria Cànopi, citata nell’esordio della sua omelia da Padre Noviello, il Postulatore.
Nel prosieguo del suo discorso, P. Noviello ha annunciato che, con la grazia di Dio, vedremo avvicinarsi la “venerabilità” della Serva di Dio; e ne ha tratteggiato un fine ritratto, sottolineando come la sua vita si fosse sviluppata intorno a tre “poli”: la famiglia, l’amicizia e la preghiera armonizzati, cementati e sublimati dall’amore per Dio e di Dio. Nella famiglia, infatti, Enrichetta imparò a pregare, cioè a “parlare a Gesù come ad un amico”; nella famiglia imparò il valore dell’amicizia, del dialogo e dell’accoglienza, imparò ad allestire mense in cui “il primo ad essere servito fosse sempre Dio”. E la dedizione totale alla famiglia fu la sua sublime vocazione. I Beltrame Quattrocchi amavano coinvolgere, in particolare nella preghiera, i loro numerosi amici e parenti, sia nella dimora romana di via Depretis che in quella estiva di Serravalle di Bibbiena, che prossimamente diventerà un “Santuario domestico”. Ecco la perenne vitalità ed attualità del loro messaggio, il monito, preziosissimo soprattutto oggi, a confidare e sperare nel Signore, perché ci guidi costantemente a guardare il mondo “dal tetto in sù”.
Maria Cristina Casa